Mentre la vigilanza privata italiana si dibatte sulle nuove regole della certificazione, in Europa nasce un Comitato Tecnico stabile dedicato ai servizi di sicurezza privata, in virtù della specialità che li contraddistingue dai comuni servizi (la stessa specialità che li ha sinora salvati dal flagello della Direttiva Bolkenstein). Il CEN/TC439, la cui prima riunione plenaria si terrà il 3 Luglio, rappresenterà peraltro l’interfaccia europea per tali materie anche in ambito internazionale ISO. Dopo aeroporti e porti, è probabile che compito del Comitato sarà prendere in esame altri mercati verticali della sicurezza privata, per giungere – nel lungo periodo – ad una piena standardizzazione della qualità dei servizi richiesti. Con standard che puntino in alto, ovviamente. Ne abbiamo parlato con Antonello Villa, Consigliere CoESS e consigliere Federsicurezza.

Mentre gli Istituti di Vigilanza Privata italiana sono alle prese con le novità sulla certificazione introdotte dal DM 115/2015 e relativo disciplinare, all’orizzonte pare che si profili una nuova regolamentazione europea.
Di che si tratta?

Dico che innanzitutto è necessario ripristinare una corretta informazione, nel senso che sull’argomento è stata generata una certa confusione, arrivando a prefigurare una sorta di “decreto europeo” per la vigilanza.
Il fatto concreto è che in sede CEN, l’ente europeo di normazione, è stato creato un Comitato Tecnico apposito per i servizi di sicurezza privata, identificato come “CEN/TC439 “Private Security Services“.
Il prossimo venerdì 3 luglio ci sarà la prima riunione plenaria, alla quale parteciperò come delegato italiano su mandato di UNI, l’ente normativo italiano. La riunione si terrà a Vienna in quanto la segreteria del Comitato è affidata all’ASI, l’ente austriaco di normazione.

Come mai il CEN ha pensato di costituire questo nuovo Comitato Tecnico?

E’ una storia abbastanza lunga, vedo di fare una sintesi.
Bisogna risalire ai lavori della Commissione sulla Direttiva Servizi, la c.d. “Bolkenstein”, e alla volontà di includere anche i servizi di sicurezza privata nel perimetro della “libera circolazione” tra gli stati membri (col risultato-tipo che una società, tanto per fare un esempio, rumena sarebbe assolutamente libera di prestare servizi in Italia, ndR).
Partendo dalla consapevolezza che il settore presenta situazioni normative e di mercato molto differenti all’interno della stessa Europa, il CoESS, nel suo ruolo di unica associazione datoriale ufficialmente riconosciuta dalla Commissione, ha proposto una temporanea esclusione dei servizi di sicurezza privata dall’ambito di applicazione della direttiva, impegnandosi a guidare, in collaborazione con il CEN, un processo di standardizzazione tecnica per promuovere una convergenza su livelli elevati di qualità dei servizi.

Ne è scaturito qualcosa?

Da allora sono state pubblicate tre norme: una prettamente terminologica (EN15602:2008), una sulla sicurezza aeroportuale (EN16082:2011) e una sulla sicurezza portuale e marittima, attualmente in approvazione (prEN16747). Tutte queste norme sono state realizzate attraverso la creazione di comitati tecnici ad hoc, che sono poi stati sciolti alla fine dei lavori.
In considerazione del fatto che altri progetti di norma devono essere affrontati e che, allo stesso tempo, le norme stesse devono essere aggiornate, mediamente ogni 5 anni, si è pensato di dedicare al settore una struttura tecnica stabile, che possa tra l’altro rappresentare l’interfaccia europea per gli analoghi lavori in ambito internazionale ISO.

Fin qui la cronaca. Ma in concreto che impatto avranno i lavori del CEN/TC439 per gli Istituti di Vigilanza italiani?

Nel breve termine probabilmente nessuno. Il piano d’azione verrà comunque definito nella riunione del 3 luglio per essere poi sottoposto all’approvazione del CEN. E’ verosimile che verranno man mano presi in esame altri settori verticali del mercato dei servizi di sicurezza privata, dopo gli aeroporti ed i porti. Teniamo comunque conto che per ciascuna norma i tempi tecnici per arrivare alla pubblicazione si misurano in alcuni anni, anche se è possibile – risorse permettendo – avviare più lavori contemporaneamente. E’ in ogni caso bene che l’Italia segua in modo attivo i lavori, in modo tale che le nostre specificità possano essere tenute in considerazione, come già richiesto da UNI a commento del voto favorevole italiano sulla costituzione del CEN/TC439.

Qualche considerazione personale su questo processo?

La prima per esprimere il rammarico per un’occasione persa.
Con l’emanazione del DM 269/2010 si è resa necessaria la revisione della norma UNI 10891 – peraltro datata 2000 – sugli Istituti di Vigilanza, ai fini di un corretto allineamento ai contenuti del decreto.
Mi era sembrata un’ottima occasione per una rivisitazione che affrontasse anche il tema della qualità dei servizi, e non solo i requisiti degli istituti – che ora sono ben definiti all’interno del DM 269 stesso. In seno ad UNI mi ero fatto promotore di questa iniziativa, culminata in una riunione informale tenutasi a Roma il 17 luglio 2014 presso Confcommercio alla quale hanno partecipato tutte le associazioni di categoria.
Di fatto, anche alla luce della creazione del CEN/TC439, ha tuttavia prevalso una linea “attendista”, che si è tradotta nell’avvio della revisione della UNI 10891 al solo scopo di rimuovere eventuali contrasti con il DM.

Una linea strategica piuttosto consueta in Italia. Altre considerazioni?

Si tratta più che altro di un auspicio, ovvero che almeno in tematiche di respiro europeo come la normazione tecnica, le numerose associazioni che rappresentano questo settore trovino uno strumento per fare sintesi e lavorare per obbiettivi comuni. Alternative non ne esistono.

Ilaria Garaffoni

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