Il Parlamento Ue ha approvato una risoluzione con cui si chiede alla Commissione europea di bandire il riconoscimento facciale dall’Unione. La risoluzione, adottata il 6 ottobre 2021 sul tema dell’intelligenza artificiale (AI) e della videosorveglianza, punta alla difesa dei diritti e delle libertà dei cittadini.

Riconoscimento facciale, la risoluzione del Parlamento Ue
Il Parlamento europeo ha votato a maggioranza (377 voti a favore, 248 contrari e 62 astensioni) una risoluzione che chiede alla Commissione europea di vietare il riconoscimento facciale come strumento di prevenzione generalizzato in tutta l’Unione.

La risoluzione si colloca nel contesto più ampio dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale e della trasparenza degli algoritmi, per evitare derive antidemocratiche.

Il punto principale è il divieto assoluto dell’uso di sistemi di riconoscimento facciale automatico delle persone sul suolo e negli spazi pubblici. L’altro obiettivo è imporre che siano sempre operatori umani a prendere le decisioni finali sui soggetti monitorati. La risoluzione si pone il fine di combattere e prevenire fenomeni discriminatori e difendere il diritto alla privacy dei cittadini. Una risoluzione non è vincolante, ma è importante che il Parlamento Ue abbia preso una posizione netta su un tema così critico.

In pratica, l’idea è che il riconoscimento facciale possa essere utilizzato unicamente come strumento per riconoscere soggetti già “sospettati di un crimine” e non in ipotesi generalizzate, mediante riconoscimento automatico e indiscriminato negli spazi pubblici.

La tecnologia per raggiungere questo risultato, ovviamente, è già disponibile e impiega strumenti di intelligenza artificiale, che consentirebbero tracciamenti di massa basati su dati biometrici.

Per il Parlamento europeo, inoltre, andrebbe messa fuori legge da subito ogni banca dati privata che impieghi l’intelligenza artificiale per schedare volti (come Clearview Ai, che raccoglie già oltre 3 miliardi di immagini recuperate illegalmente dai social network).

Se l’Unione europea vuole distinguersi seriamente dagli Stati totalitari che impiegano queste tecnologie per reprimere il dissenso, è necessario un intervento deciso e una normativa chiara quanto esplicita nella messa al bando di questi strumenti.

Bene, quindi, che sia stata chiesta la procedura di infrazione per gli Stati che impiegano le tecnologie di riconoscimento facciale ai confini interni dell’Unione.

Oggi, quindi, la gestione dei dati e di tutte le tecnologie che possono consentire l’accessibilità ai servizi, pubblici e privati, mediante schedature di vario tipo, vanno inquadrate nel contesto dei diritti fondamentali di libertà.

In altri termini, non c’è più differenza tra privazione della libertà personale mediante coercizione (ad esempio carceraria) e segregazione sociale mediante esclusione automatizzata da servizi pubblici e privati.

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