Intorno alle 17,40 di ieri Facebook, Instagram e Whatsapp sono diventate inaccessibili in tutto il mondo. Poi poco prima dell’una di notte (ora italiana) hanno ripreso lentamente a funzionare. E alla fine sono arrivate le scuse anche di Mark Zuckerberg per il gigantesco blackout globale. “Scusate per l’interruzione, sappiamo quante persone fanno affidamento sui nostri servizi per restare connesse”. Ma cosa è successo? Ecco l’analisi degli esperti di Acronis, Service Provider di soluzioni di Cyber Protection di livello internazionale.
“Mentre non c’è alcuna conferma su ciò che ha causato l’incidente presso Facebook Inc, è possibile che il problema risieda nel protocollo BGP o DNS – che sono obiettivi popolari tra i criminali informatici. Ci sono vari potenziali attacchi contro l’infrastruttura DNS, dagli attacchi DDoS al rebinding DNS locale o all’hijacking di un DNS con il social engineering contro il registrar. Guardando le statistiche generali degli attacchi, sono molto meno popolari dei comuni attacchi malware e ransomware, ma possono essere estremamente devastanti se hanno successo in un attacco sofisticato. È come tirare il cavo elettrico della vostra sala server, l’intera impresa diventa improvvisamente buia”, commenta Candid Wuest, Acronis VP of Cyber Protection Research.
Allerta cyber in Israele
L’impatto del blackout intanto riserva anche risvolti geopolitici. Da quanto riferiscono alcuni media arabi, Israele ha dichiarato lo stato di cyber allerta in seguito al “down” che da ore coinvolge Facebook, Instagram e Whatsapp, ed è in contatto con la Casa Bianca ed il Pentagono.
E se lo dicono gli Israeliani che in questo campo sono tra i primi al mondo…
SINERGIA FRA ORGANI MILITARI, POLITICI E CIVILI IN ISRAELE
L’aspetto più interessante che concerne la rapida crescita delle aziende israeliane nel campo della cyber security riguarda in particolare la conformazione del tessuto socio-economico del paese.
La riguardevole proliferazione di piccole e medie imprese, start-up e freelancer che propongono servizi e soluzioni in materia di cyber security e intelligence è da imputare infatti all’originale sinergia esistente tra gli organi militari, politici e civili del paese.
Tale particolarità è intuitivamente connessa al noto status geopolitico israeliano e alle prassi militari istituzionali. Un esempio del meccanismo sinergico in questione, menzionato anche da Netanyahu durante il suo discorso del 29 gennaio, riguarda alcune implicazioni conseguenti lo stretto rapporto tra esercito e università.
Nello specifico si parla dell’alto livello di formazione fornito da università specializzate sul tema della ricerca e sviluppo in materia cibernetica (come quella di Be’er Sheva) dotate dell’esperienza derivante dal contesto dello sviluppo tecnologico militare. Come sottolineato dal primo ministro l’incontro tra il sapere militare e l’alto livello qualitativo degli ambienti universitari in tema di cyber security è parallelo allo sviluppo economico il cui primo attore sono le imprese che, da start-up, intraprendono la scalata verso il raggiungimento della stabilità economica.
Il ciclo di vita delle numerose aziende che si occupano di cyber defence e warfare in Israele segue per lo più un percorso definito da tappe prestabilite che hanno come punto di inizio e di arrivo la collaborazione con gli organi della difesa. Infatti è per lo più dal periodo di leva obbligatoria che i futuri manager ricevono l’infarinatura necessaria ai percorsi di specializzazione in materia cyber. Tale avviamento ha come approdo naturale la preparazione universitaria e, successivamente, la formazione di società private che nascono con l’obiettivo di realizzare progetti di ricerca autonomi non di rado supportati da incentivi.
Il destino delle tecnologie sviluppate dalle aziende, infine, è spesso quello di servire ancora una volta gli organi militari fornendo una gamma di soluzioni costantemente aggiornate e in continuo mutamento. Per citare ancora una volta Benjamin Netanyahu: “Cyber is a great business. It’s growing geometrically because there is never a permanent solution, it’s a never-ending business”. Di qui l’esigenza di una costante innovazione che, da un lato, funge da stimolo economico per i privati e, dall’altro, è alla base dell’interesse politico-militare che sostiene il meccanismo di crescita appena descritto.