L’attentato di Capaci, avvenuto il 23 maggio 1992, è stato un evento tragico e ben documentato, con un’ampia mole di prove che ha portato alla condanna dei responsabili mafiosi. Tuttavia, nel corso degli anni, sono emerse alcune teorie alternative che hanno messo in discussione l’ufficialità delle indagini, sollevando dubbi e incongruenze. Di seguito, analizziamo in dettaglio le principali questioni, basandoci su fonti giornalistiche, giudiziarie e storiche, con un focus su quanto emerso fino al 2025.

Contesto Storico e Giudiziario

L’attentato di Capaci fu un atto terroristico-mafioso compiuto da Cosa Nostra, con una carica esplosiva di circa 500 kg di tritolo che fece saltare un tratto dell’autostrada A29 vicino Palermo. Oltre a Falcone, Morvillo e gli agenti della scorta, vi furono 23 feriti. Le indagini iniziali, coordinate dal procuratore Giovanni Tinebra e dai sostituti Ilda Boccassini, Francesco Paolo Giordano e Fausto Cardella, hanno identificato i mandanti, come Totò Riina, e gli esecutori materiali, tra cui Giovanni Brusca, che azionò il telecomando. Un elemento innovativo fu l’uso dell’analisi del DNA, applicata per la prima volta in Italia in ambito forense, che identificò mozziconi di sigaretta lasciati sul luogo, compatibili con i sospettati
Le condanne definitive, come quelle del 2008, hanno chiuso il cerchio sulla responsabilità di Cosa Nostra, ma alcune questioni sono rimaste oggetto di dibattito.

La “Pista Nera”: Ipotesi e Smentita

Una delle principali incongruenze sollevate riguarda la cosiddetta “pista nera”, ovvero l’ipotesi che ambienti di destra eversiva, in particolare Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, potessero aver avuto un ruolo nella pianificazione o esecuzione dell’attentato. Questa teoria è stata rilanciata da alcune inchieste giornalistiche, come quelle della trasmissione televisiva “Report”, e da dichiarazioni di ex collaboratori della giustizia.
Origine della Teoria: La “pista nera” è emersa da colloqui privi di valore probatorio, come quelli dell’ex sostituto Gianfranco Donadio, già consulente della Commissione Antimafia, e rilanciata dall’allora procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato. I media l’hanno presentata come una “indicibile verità”, ipotizzando legami tra Delle

Chiaie e vertici di Cosa Nostra

Indagini e Archiviazione: La Procura di Caltanissetta ha aperto un fascicolo per verificare queste ipotesi, ma dopo due anni di indagini, il giudice Santi Bologna ha archiviato il caso nel 2025, dichiarando che “nessun elemento utile a ricostruire un ruolo di Delle Chiaie nella strage di Capaci possa trarsi dalle dichiarazioni dei testimoni ascoltati”

La principale testimone, Maria Romeo, ex-partner del pentito Alberto Lo Cicero, è stata giudicata non credibile. Le sue dichiarazioni erano contraddittorie: ad esempio, ha affermato di aver incontrato Delle Chiaie a Palermo in aprile 1992, ma le date non coincidevano, e ha aggiunto dettagli come un sopralluogo per gli esplosivi a Capaci e un incontro con il boss Mariano Tullio Troia, che si sono rivelati inventati. Ha anche parlato di registrazioni audio perse, consegnate a un maresciallo dei Carabinieri chiamato “Ramon”, ma sia l’ufficiale che un tecnico hanno negato l’esistenza di tali registrazioni

Credibilità dei Testimoni:

I Carabinieri hanno descritto Romeo come un’alcolista ossessionata dallo status di collaboratrice, con rivelazioni fatte solo dopo la morte di Lo Cicero. Il giudice ha definito il suo racconto una “mitomania giudiziaria”, mescolando verità (come la relazione con Lo Cicero e i contatti neofascisti del fratello) con invenzioni per visibilità. Un altro pentito, Francesco Onorato, ha parlato di neofascisti solo dopo essere stato influenzato da un servizio di “Report” del 30 maggio 2022, secondo il giudice. Altri pentiti, come Gaspare Mutolo, hanno negato qualsiasi coinvolgimento di ambienti esterni alla mafia.
Questa teoria, quindi, è stata investigata ma scartata per mancanza di prove concrete, con le incongruenze attribuite alla scarsa affidabilità delle testimonianze.

Il Caso Vittorio Tutino: Un’Altra Perplessità

Un’altra area di dubbio riguarda il processo “Capaci bis”, un filone successivo che ha portato alla condanna di quattro persone (Salvatore Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro, Lorenzo Tinnirello) all’ergastolo, mentre Vittorio Tutino, descritto come un “soldato di mafia”, è stato assolto. La Procura Generale di Firenze, rappresentata dalla Pg Delia Cardia, ha espresso perplessità sulla logicità dell’assoluzione, sostenendo che non erano stati valutati adeguatamente elementi decisivi sul suo “attivismo” durante la stagione delle stragi, come testimoniano pentiti come Gaspare Spatuzza, che lo ha collegato anche all’attentato di Milano. Cardia ha definito l’assoluzione una “caduta totale di logicità nel metodo utilizzato”, suggerendo che Tutino fosse un uomo di fiducia di Giuseppe Graviano e probabilmente coinvolto in tutti gli attentati

Tuttavia, la Cassazione ha respinto i ricorsi, confermando l’assoluzione e chiudendo il caso, il che ha lasciato alcune perplessità, ma senza ulteriori sviluppi.

Altre Possibili Incongruenze

Non ci sono state altre incongruenze significative emerse dalle indagini ufficiali. L’uso dell’analisi del DNA, ad esempio, è stato un punto di forza, identificando chiaramente gli esecutori materiali come Antonino La Barbera e Salvatore Di Matteo, senza contraddizioni. Le dichiarazioni dei pentiti, come Giovanni Brusca, hanno confermato la pianificazione interna a Cosa Nostra, senza indicazioni di coinvolgimento esterno. Le commemorazioni annuali, come quelle del 23 maggio 2025, continuano a sottolineare la memoria del sacrificio di Falcone e la lotta alla mafia, senza mettere in discussione la narrativa ufficiale

Conclusione

Le principali “dubbi e incongruenze” sull’attentato di Capaci riguardano:
  1. La “pista nera”, che è stata investigata e scartata per mancanza di prove e per la scarsa credibilità delle testimonianze, con archiviazione confermata nel 2025.
  2. Il caso di Vittorio Tutino, che ha sollevato perplessità giudiziarie ma è stato risolto con l’assoluzione confermata in Cassazione.
Entrambe le questioni sono state affrontate e chiarite dalle indagini ufficiali, confermando la versione principale degli eventi: l’attentato fu opera esclusiva di Cosa Nostra, senza prove di coinvolgimento esterno. Le incongruenze emerse sono state attribuite a testimonianze non affidabili o a interpretazioni giudiziarie dibattute, ma non hanno alterato la conclusione generale.

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